Le Leggi delle XII Tavole sono la prima raccolta di testi giuridici religiosi che risalgono alla Roma più antica.
Un articolo che speriamo possa essere utile a far capire meglio ai neopagani cosa non è la romanità, sfatando alcuni miti, e spiegando perché apparentemente si dedica più allo studio che all'intuizione.
Nel mentre che procediamo a discorrere di quali siano le caratteristiche del Culto Romano, come venisse praticato in antichità, e pertanto con grande apporto di fonti, sembra giunto il momento di scrivere due righe molto più discorsive del solito per quanto concerne il mondo pagano in generale.
L’Ade venne considerato sin dalla remota tradizione ellenica il Mondo Infernale, aperto in un’immensa caverna sotterranea e comunicante con il mondo “supero” attraverso numerose porte e voragini spaventose. Ade è “ l’invisibile, o ciò che rende invisibile, o forse originariamente soltanto il luogo tenebroso” (Naglesbach-Autenrieth, Gruppe, Griech Mytol.) L’immensa caverna sboccherebbe all’occidente dei confini “dell’Oceano”, tuttavia nell’Odissea la tradizione rimanda ad un mondo infero locato all’estremo occidente mentre nell’Iliade sarebbe locato sotterraneo, anche se le diverse leggende vennero fuse e contaminate già nei poemi omerici stessi.
Nell’antichità il pensiero che la morte sia inesorabile e che attenda tutti era in realtà un’idea confortante. Sia nell’Iliade con Ettore che consola Andromaca, che nell’Alcesti con le parole di Ercole nella casa di Admeto
“A tutti i mortali è fatale la morte e nessuno dei mortali sa se vivrà pure il giorno di domani”
(V.v 782-784)
risalta la reale verità che la morte sopraggiunge per tutti e ciò perché il Genio della nostra sorte è inesorabile e pertanto, come dice Lisia, è vano dunque piangere i
morti.
Questo medesimo sentimento ispira anche i maggiori poeti. Così, nel decimo libro delle Metamorfosi , Ovidio fa che Orfeo rivolga ai luoghi del Tartaro le parole: