Non seguire, come pecore, il gregge

<at hic tritissima quaeque uia et celeberrima maxime decipit. 3. Nihil ergo magis praestandum est quam ne pecorum ritu sequamur antecedentium gregem, pergentes non quo eundum est sed quo itur. Atqui nulla res nos maioribus malis inplicat quam quod ad rumorem componimur, optima rati ea quae magno adsensu recepta sunt, quodque exempla <nobis pro> bonis multa sunt nec ad rationem sed ad similitudinem uiuimus. 4. Inde ista tanta coaceruatio aliorum super alios ruentium. Quod in strage hominum magna euenit, cum ipse se populus premit — nemo ita cadit ut non et alium in se adtrahat, primique exitio sequentibus sunt — hoc in omni uita accidere uideas licet. Nemo sibi tantummodo errat, sed alieni erroris et causa et auctor est; nocet enim adplicari antecedentibus et, dum unusquisque mauult credere quam iudicare, numquam de uita iudicatur, semper creditur, uersatque nos et praecipitat traditus per manus error. Alienis perimus exemplis: sanabimur, [si] separemur modo a coetu. 5. Nunc uero stat contra rationem defensor mali sui populus. Itaque id euenit quod in comitiis, in quibus eos factos esse praetores idem qui fecere mirantur, cum se mobilis fauor circumegit: eadem probamus, eadem reprehendimus; hic exitus est omnis iudicii in quo secundum plures datur.>

<In questo caso proprio le strade più battute e trafficate ci traggono in inganno. Soprattutto bisogna fare attenzione a non seguire, come pecore, il gregge di chi ci precede, perché non si va dove si deve andare, si va dove vanno tutti. Del resto non c'è cosa per noi che comporti mali maggiori del conformarsi all'opinione pubblica, considerando migliore quello che è accolto da più largo consenso. E siccome non ci mancano gli esempi, si finisce per vivere non secondo la ragione, ma imitando gli altri. Per questo motivo è tanto grande la massa di persone che crollano una sull'altra. Come succede in una strage, quando la folla si schianta (nessuno infatti cade senza trascinare almeno un altro, ed i primi sono la rovina dei seguenti), così accade nella vita: nessuno sbaglia soltanto per sé, ma diventa motivo ed occasione di errore per altri. E' pericoloso, infatti, appoggiarsi a chi precede e, dal momento che ciascuno preferisce affidarsi piuttosto che esprimere un parere proprio, in particolare riguardo alla vita non si esprime mai un parere, ci si affida sempre. Così ci sconvolge e ci fa precipitare un errore che passa di mano in mano. Ci roviniamo a seguire l'esempio degli altri. Solo stando alla larga dalla folla potremo salvarci. Ma ora il popolo, privo di buon senso, si fa difensore del suo stesso male. Così capita nei comizi, quando a meravigliarsi che alcuni sono stati eletti pretori, sono gli stessi che li hanno votati, una volta che il favore del popolo -che è mutevole- è mutato. Approviamo una cosa e la disapproviamo subito dopo: ecco il risultato di un parere espresso in base all'opinione della maggioranza>

Seneca, De Vita Beata, 1,2(part)-3-4-5

 

Emanuele Viotti

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