<Cum enim non instituto aliquo aut more aut lege sit opinio constituta maneatque ad unum omnium firma consensio, intellegi necesse est esse deos, quoniam insitas eorum vel potius innatas cognitiones habemus; de quo autem omnium natura consentit, id verum esse necesse est; esse igitur deos confitendum est. Quod quoniam fere constat inter omnis non philosophos solum, sed etiam indoctos, fatemur constare illud etiam, hanc nos habere sive anticipationem, ut ante dixi, sive praenotionem deorum (sunt enim rebus novis nova ponenda nomina, ut Epicurus ipse prolempsin appellavit, quam antea nemo eo verbo nominarat) hanc igitur habemus, ut deos beatos et inmortales putemus.>
<Poiché la fede negli dèi non è stata imposta né da una qualche autorità, né da una consuetudine né da una legge, ma è fondata sull'unanime consenso di tutti, se ne deve necessariamente
dedurre che gli dèi esistono dal momento che ne possediamoil connaturato o, per meglio dire, innato concetto; e su ciò vi è naturale consenso di tutti gli uomini, ed è necessario che sia vero; si
deve convenire che gli dèi sono una realtà. E poiché questa è una generale convinzione non dei soli filosofi, ma anche degli indotti, dobbiamo anche riconoscere di possedere una anticipata
cognizione o, per usare il termine più sopra introdotto, un presentimento (nuovi concetti esigono termini nuovi conformemente a quanto fece Epicuro che introdusse il termine prolepsin per
designare un concetto che nessuno prima di lui aveva denominato) così un presentimento, dicevamo, della felicità ed immortalitàdivine.>
Cicerone, De Natura Deorum XVI, 44
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