Non si può definire "semplice" la rituaria romana, essa comprende numerose conoscenze teoriche e pratiche che si vedono necessarie per poter eseguire un rito.
Questo gran numero di norme sono fortunatamente fatte salve da un nutrito numero di fonti, diversamente da quello che avviene per altre realtà pagane.
In questa serie di articoli sul Rito Romano cercheremo di dare delle indicazioni precise e puntuali (dove possibile) su come compiere un rito, in modo tale da dare a tutti la possibilità di
farlo.
L'ordine per argomento seguirà lo stesso del rito vero e proprio.
A parte l'adoratio ci sono altri gesti all'interno del rito che
vanno evidenziati.
Ricordiamoci che gestualità era una parte importante dell'oratoria e dell'espressione di concetti (non a caso noi italiani all'estero siamo famosi per gesticolare), essendo quindi una parte così
estesa del panorama espressivo romano non è da escludere la presenza di gesti all'interno dell'azione rituale.
Di questi non abbiamo molte fonti scritte che possano darci delle indicazioni precise su quali gesti vadano usati in quale momento, diversamente ne abbiamo molte iconografie che rappresentano un
ampio panorama di gesti diversi. Quindi cercheremo di inserire le fonti quando presenti, quando invece non possibile considerate quanto si scrive più come una proposta interpretativa che una
realtà storica certa.
Abbiamo visto nell'articolo "Rito Romano II" come la postura sia importante per la corretta esecuzione del rito, quindi ribadiamo quanto sia necessario stare in piedi, senza -come
ricorda Plinio- porre alcun incrocio (non le dita, non braccia, gambe, nulla deve incrociarsi) mai per tutta la durata del rito.
I piedi calzati ed il capo velato.
La mano destra deve essere tesa, con il palmo rivolto verso la "dimora degli Dei", e con questa vanno compiuti tutti i gesti rituali. (Virgilio Eneide, Catullo)
Appare anche corretta la postura di entrambe le mani con i palmi rivolti verso l'alto (Valerio Flacco, Argo)
La posizione della mano in questo modo è detta supina manus.
Quindi (dopo aver compiuto adeguate abluzioni e purificazioni) assunta questa posizione, liberata la mente da ogni pensiero non inerente a quanto si sta facendo, il rito comincia dichiarando
fermamente
<favete linguis> ovvero "tacete"
Da questo momento nessun suono che possa disturbare l'officiante deve essere compiuto, in quanto la fine della condizione ordinaria, e l'inizio del momento rituale, è scandito da questa
frase.
Ogni rumore o evento che distragga l'officiante da questo momento invalida totalmente il rito.
Per questo sarebbe meglio -per chi abita in città- usare una stanza un po' più silenziosa, o cercare di non farsi distrarre (ma vedrete che "causalmente" se è tutto fatto correttamente nessun
rumore vi distrarrà).
Quindi si comincia con l'apertura (che vedremo in un prossimo articolo).
Detto il nome della divinità, fatta l'adoratio, e detta la richiesta si compie l'offerta: con la mano destra si prende l'offerta che si desidera fare e la si offre (vedremo che ci sono vari modi
a seconda della divinità e a seconda del tipo di offerta). Questo gesto deve essere percepito, e non fatto in moto meccanico, bisogna sentire che si sta offrendo qualcosa ad una divinità.
Che si toglie a se stessi per dare alla divinità. A proposito di questo tema si invita alla lettura di "Saggio sul Dono" di Marcel Mauss.
Compiuta l'offerta si ponga la mano al di sopra di questa (o sopra il braciere se l'offerta è stata bruciata), con il palmo rivolto sull'offerta. Questo gesto non appare in nessuna fonte scritta,
è un' interpretazione del gesto che appare in numerose iconografie, dove non è chiaro quale sia l'azione rappresentata.
Alcuni sostengono che questo rappresentato sia il momento dell'offerta, eppure questo momento è rappresentato in diverse altre scene con il palmo non rivolto sul fuoco verso il basso, bensì con
il palmo frontale allo spettatore.
Inoltre questo gesto ricorda il gesto al momento della chiusura rituale (che vedremo dopo) e pertanto ci è sembrato sensato vedere nel "dire il nome della divinità con l'adoratio" come
un'apertura al momento dedicato a quella divinità, mentre questo gesto come una chiusura prima d'invocare la divinità successiva.
Questa sequenza si ripete fino alla chiusura del rito.
Ricordiamo alcune eccezioni.
La mano destra è rivolta verso la casa del dio (un bosco, un'altare, o il tempio), diversamente verso l'alto, il cielo, quando si tratta di divinità supere.
Quando si offre a divinità infere, è necessario usare la mano sinistra per offrire, e la supina manus, diventa "prona manus" quindi con il palmo rivolto verso il terreno. (Livio)
Un altro gesto rituale che appare nel rito dei Lemuria per evitare che si parino davanti i lemuri, è la Mano Fica, ovvero il pugno serrato con il pollice inserito tra indice e medio (Ovidio,
Fasti), è evidente che questo è un caso eccezionale, e legato ad alcuni particolari riti, che fanno eccezione anche per altre questioni come il fatto che i piedi non devono essere calzati.
Plutarco ci ricorda poi che presso i romani quando si offre a Saturno (e forse anche a tutte le divinità ad esso collegate) lo si fa con il capo scoperto, quindi non velato. Ovviamente durante il
rito scoprirete il capo al momento dell'invocazione di Saturno per coprirlo dopo aver fatto l'offerta.
Altre informazioni:
Sempre nelle Questioni Romane si sottolinea che le lanterne non devono mai essere spente volontariamente, perché il fuoco è amico dell'uomo ed è un essere animato. Lanterne venivano
accese in occasione dei riti, quindi se accendete un fuoco per il rito (una candela, ma anche lo stesso braciere o una candela) non spegnetelo.
Non si offra nei quattro giorni precedenti a Kan. Non. Idi, quei giorni siano dedicati alla divinità, ed il giorno successivo a questi è sempre nefasto per i viaggi, ed inutilizzabile per le
attività perché porta male (in quanto dedito, secondo Plutarco, agli spiriti dei morti, in analogia con il primo e secondo mese dell'anno).
Le offerte non dovrebbero mai essere toccate con le mani.
Cicerone poi ci ricorda che l'errore involontario lo si può correggere con un'offerta espiatoria, mentre una violazione volontaria vedrà lo stesso dio come punitore.
Il rito si conclude con la formula
<illicet>
e toccando con la mano destra il braciere o l'altare, quindi si compie nuovamente l'adoratio ci si volge una volta a destra ed una a sinistra, ci si può scoprire il capo, ed il rito è
concluso.
Vogliamo in fine precisare che i movimenti non devono essere rigidi o forzati, ma morbidi. Quindi se per esempio la mano non è perfettamente ritta come descritto sopra, non è un problema.
Anzi in tutte le raffigurazioni di questa posizione la mano è morbida ed a volte le dita non sono nemmeno unite, cercate di assumere una posizione comoda in questo senso.
Sottolineiamo che poi vi erano alcuni riti pubblici (dichiarazione di guerra, lupercalia, etc.), o privati (medicamento per buoi e lussazione Catone, lemuria Ovidio), che esulano da queste
indicazioni date, che sono casi eccezionali ed in questa serie di articoli preferiamo dare indicazioni valide per la maggior parte dei riti.
Emanuele Viotti
Rito Romano II------- Rito Romano IV
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