Ripostiamo un vecchio articolo di risposta pubblicato sulla rivista Athame:
Roma, critica sull’obbligo di svolta a destra
di Emanuele Viotti (Marzio de li Trabucchi)
Incaricato dalla Communitas Populi Romani
a nome e con la collaborazione dell’altra faccia del Tradizionalismo Romano
Leggendo l’articolo Viaggio nel Tradizionalismo Romano di Davide Marré, salta subito agli occhi una lettura che tende a porlo come una forma di paganesimo esclusivamente di destra.
Ahinoi da un punto di vista storico è corretto, proprio in virtù del fatto che nel primo secolo della sua vita, il Tradizionalismo Romano si è sempre visto portato avanti da un ambiente esclusivamente di destra.
I motivi di tutto ciò sono numerosi.
Prima della Seconda Guerra Mondiale l’immagine di Roma era per tutta l’Italia un punto di riferimento anche ideale: la bandiera della Repubblica Cisalpina portava un fascio littorio, l’Altare della Patria (iniziato nel 1885, quindi non fascista come molti pensano) e tutte le sue aquile, fu poi lo stesso Garibaldi a dire per primo <O Roma, o morte> eppure già Cavour lo temeva perché comunista.
Nel dopoguerra invece, per demolire il fascismo, ogni bandiera politica ha voluto detestare i riferimenti alla romanità. Fatto salvo la destra.
Ancora oggi capita, infatti, di sentir dire che vi è uno stretto legame tra Roma antica e fascismo.
Tra gli esempi infatti di tradizionalismo non fascista, merita di essere citato Reghini, il quale a seguito dell’avvicinamento del fascismo alla Chiesa ed alla Monarchia, perse il posto di docente universitario dopo che egli aveva rifiutato di giurare fedeltà al governo Mussolini, in quanto Dignitario Massonico. Fu così che dopo i Patti Lateranensi anche le componenti Tradizionaliste furono emarginate, e tali si mantennero anche nei periodi di scontri politici successivi alla guerra.
Da 6-7 anni a questa parte la tendenza al monopolio di destra si sta allentando.
Molti si sono stancati di doversi costringere in un ambiente che non appartiene loro. Oppure gli appartiene ma trovandosi ad ascoltare per lo più discorsi nostalgici o veder inserito il “problema ebraico” ovunque, se ne lamentano.
Si aggiunge una schiera sempre più numerosa di persone che preferiscono lo studio diretto delle fonti classiche e dei testi accademici, alle considerazioni di carattere filosofico ed esoterico (vedasi i blog di Traditio Romana attivo dal 2011, ed Ad Maiora Vertite dal 2012).
Su queste basi si è iniziato a formare un sempre più nutrito numero di tradizionalisti che in modo indipendente o comunitario hanno portato avanti il Culto in chiave apolitica.
Ovviamente come in ogni processo, alcuni si sentono pienamente rappresentati dalle descrizioni già fatte da Marré, motivo per cui non c’è bisogno di parlarne in questa sede.
Coloro che si sono mantenuti al tradizionalismo “esoterico”:
Così come è stato descritto nell’articolo vi è sempre una preminenza di destra, con posizioni favorevoli al mito Iperboreo e ad altre teorie di carattere razziale.
Una visione che pone al centro una divinità solare appoggiandosi alle teorie riguardanti gli indoeuropei, così come studi esoterici di diversa natura. Una struttura associativa molto rigida che spesso fa capo ad un unico “maestro”.
Stufi della politica vogliono evitare che il Tradizionalismo sia inserito in una categoria partitica sulla base delle idee personali degli appartenenti, poiché Dei e politica centrano poco nulla.
Il legame con l’esoterismo spinge certamente anche ad apprezzare testi, culti e misteri più greci che romani.
Si aggiunga una tendenza (condivisa dal mondo accademico per la verità, ed alla base del Rinascimento) a seguitare un fortissimo sincretismo tra culto greco e romano, considerando il primo come un perfezionatore del secondo.
In questo ambito esistono persone che invece favoriscono il legame politica di destra e religione, poiché considerano le due cose necessariamente un tutt’uno.
Fra gli esempi che si possono fare: una politica di destra che vuole l’annessione dell’Istria e della Dalmazia è anche religiosamente corretta perché vuole l’unità territoriale italiana (che come ogni terra possiede in sé una divinità).
Tutto questo, e soprattutto l’esoterismo, portano ad essere schivi verso la pratica comunitaria ed ancor di più in spazi pubblici (come giustamente messo in evidenza dall’articolo riportando il pensiero dell’MTR).
Coloro che hanno scelto un tradizionalismo più “storico”:
Tra questi invece l’argomento politica è quasi tabù, per rispetto verso gli altri sodali e per estensione della regola antica che vietava di parlarne vicino a templi e sacelli.
La stragrande maggioranza ha posto in seconda istanza le teorie razziste, quindi si parla soltanto di Romani in termini di “sentir proprio”.
Quindi non <romano è chi il romano fa> ma <romano fa, chi in cuor suo romano è>.
Si contrappone alla preminenza di un culto solare, la presa in considerazione di tutto l’immenso Pantheon Romano. Molto al di là dei 12 Dei Consenti vi sono infatti dalle divinità familiari, fino a divinità considerate normalmente come “minori” e che nella vita quotidiana sono più vicine a noi.
Proprio in questo sta l’attualizzarsi del Culto Romano, poiché tanto ieri quanto oggi l’essere umano è fatto nella stessa maniera, bisogni, desideri e sogni sono sempre gli stessi, così la natura e così anche gli Dei.
Per quanto concerne i culti misterici non vi è una posizione univoca, molti continuano a seguire il pensiero descritto anche nell’articolo: misteri tramandati da alcune famiglie fino ad oggi, in una ininterrotta linea iniziatica.
Altri hanno una visione più razionale ritenendo che in primo luogo sono per lo più culti di importazione greca, e che comunque essendo stati interni ai templi sono scomparsi con la fine del mondo antico.
Sottolineo il punto dell’importazione di divinità proprio perché non si vede il culto greco come uno strumento di perfezionamento del culto romano, bensì come due realtà nate in luoghi diversi, con premesse sociali, territoriali, e sacre diverse, giunti ad una convergenza per un’importazione forzata da parte della classe dirigente romana (pensiamo al “Circolo degli Scipioni”), che ha portato in parte a far scomparire o a ridursi importanza e funzioni di alcuni Dei Indigeni.
Come accadde per la Dea Laverna, prima dea infera dei ladri e delle ombre, oltre che dei morti, successivamente sostituita in buona parte da Proserpina con l’importazione nel 249 avanti l’era volgare.
Così come, proprio per uno studio più storico e meno filosofico, si mette in risalto il legame con altri popoli italici che hanno influenzato il Culto Romano nelle sue fondamenta. Etruschi e Latini per primi.
Questo non crea un contrasto tra greci e romani, ma se ne sottolinea le differenze anziché mischiarli come fossero un’unica realtà.
Le strutture associative restano rigide, proprio per le basi stesse del mondo romano, ma con maggiore mobilità in senso verticale. Questo come ovvio risultato del fatto che non esistendo dei “maestri spirituali” ma soltanto persone che hanno avuto la fortuna di iniziare prima a studiare, non vi è un diverso livello di qualità tra le persone, ed in genere le cariche sono elettive (come avviene nella Communitas Populi Romani).
Non c’è a questo punto bisogno di mettere in evidenza che molte pratiche sono comunitarie e fatte in luoghi pubblici senza alcuna vergogna.
Ovviamente tutti sono infinitamente riconoscenti alle realtà che hanno portato in auge il Tradizionalismo Romano dalle origini fino ad oggi, ma forse proprio la divisione dell’MTR ha imposto la necessità di nuovi presupposti, liberandosi finalmente di quel grosso peso che è la politica. Ovvero che la politica rimanga come idea personale del singolo, ma non ideale generalizzato di un Culto. Non uso volontariamente la parola religione, sulla scia dell’insegnamento di Cicerone.
Similitudini
Nell’approccio “storico” sicuramente maggiori che in altri.
Il Culto Romano delle origini era di tipo animista, si è poi tramutato in panteista fino a divenire politeista, ma ha mantenuto tutti i suoi caratteri fino alla fine.
E forse parrebbe stupefacente scoprire che per un Romano era normale fare offerte al Genio del Luogo tanto in campagna quanto in città; che i boschi avessero divinità proprie quanto i fiumi: il Dio Tiber era il fiume Tevere, se non addirittura che esistesse una quercia che veniva venerata dai pastori sotto cui Romolo stesso pose le spolie optimie; o ancor più stravagante che venerasse la coppia divina Fistulus e Fistula…. divinità delle tubature idrauliche!
Questi sono alcuni esempi di una forma di venerazione per ogni cosa nel mondo, che non limita né esclude il politeismo canonico, anzi lo completa, e può essere un punto d’unione con un neopaganesimo particolarmente legato alla natura.
Così come anche il Culto di Magna Mater (la Grande Dea Madre) era presente in Italia da prima della nascita stessa di Roma, e da essa colto a piene mani.
Inoltre il fatto che
<Il primo [tradizionalismo romano] è legato prevalentemente al culto solare e civile, alla regalità intesa come fenomeno solare, la seconda [wicca] legata idealmente ai culti dionisiaci e alla Dea, al concetto di seconda nascita, di viaggio nell’oscurità dell’inconscio, di accettazione dei limiti dell’Io solare e di sua trasformazione, di adesione alla gioco della polarità.>
(cit. articolo di riferimento)
in questa accezione de-politicizzata non vi è più un contrasto, poiché la forza e la capacità del Culto Romano è stata proprio quella di unire culti e religioni più diverse, e quindi non esiste in realtà nel mondo Romano una contraddizione nel considerare validi entrambi i percorsi qui citati.
Che poi il Culto Romano sia prevalentemente urbano, come molti sospettano (è una precisazione che tengo a fare in genere) è un’illazione, poiché tanto vi erano pratiche pubbliche e private per l’area urbana quanto per quella extraurbana.
Anzi i Lari Compitali sono proprio quelli degli incroci in campagna, ed avevano una festa nel Calendario a loro dedicata (3 gennaio Compitalia).
Non solo, in genere gran parte del calendario è basato su feste agricole e “selvatiche”, esterne alla civiltà umana, che solo in un secondo momento sono state fissate su un calendario solare, perdendo il suo legame con la natura.
Inoltre l’unica fonte scritta di riti romani riportati da capo a piede è Catone “De Agri Cultura”, un manuale su come gestire il fondo terriero, sia da un punto di vista sacro che profano.
Differenze
Al di là delle meno rilevanti differenze su come si applica il culto, senza dubbio vi è una maggiore rigidità nelle norme rituali e la fortuna/sfortuna è quella di avere numerosi fonti spesso molto precise (in alcuni casi in disaccordo!), che danno tante informazioni ma spingono anche verso un ricostruzionismo apprezzabile fintanto che non si sfocia nella rievocazione storica.
L’aspetto spirituale è senza dubbio prettamente legato alla filosofia, ma non vi è scritto da nessuna parte che sia vietato approcciarsi a ricerche spirituali di altro tipo.
In antichità il singolo romano nel suo privato importava divinità straniere. Arcinoto è il caso del Mithraismo, propagatosi nell’impero tramite i legionari di ritorno dal fronte, quindi non c’è ragione perché non lo si faccia anche noi, cum grano salis.
Per alcuni un’impostazione così storica con un ridotto supporto esoterico e/o spirituale è visto come un arido ricostruzionismo, una forma di scientismo addirittura. In realtà tutt’altro: i romani erano tanto precisi nei riti che ai Ludi Plebei del 216 aev si dovette ripetere il rito per ben tre volte a causa di alcuni errori.
Se oggi abbiamo delle fonti che riportano buona parte delle indicazioni rituali è corretto seguirle in modo preciso.
Il risultato?
Unendo questo ad una condizione di cuore castus et purus, come precisa Cicerone, si ha un rito ove le energie sono estremamente forti.
Come sappiamo tutti incantesimo viene da in-cantum “fatto in modo cantato”, e quindi la sonorità nella magia è importante tanto quanto l’intento e le parole, e se gli antichi usavano determinate formule, che per altro si ripetono, un motivo c’è.
Il ponte è possibile
Se un ponte sia possibile, questo dipende soltanto dagli stessi appartenenti ai due gruppi.
Nella CPR esistono membri che nel privato si occupano di reiki, di esoterismo, di vari studi energetici, di wicca perfino, mentre a livello di culto comunitario partecipano ai riti Romani.
Anche se Roma è circondata da altri popoli, non c’è ragione di provare disprezzo reciproco.
Si è passata tutta l’esistenza della paganità a creare divisioni, per la necessità che ogni realtà ottenesse una propria identità.
Adesso bisogna, forti delle diversità, unirsi.
I neopagani dovrebbero però comprendere, ed i tradizionalisti romani ricordarsi, che Roma non è né destra, né sinistra, non è scusa per forzare differenze, non è punto di riferimento per dire cose è bene o cosa è male.
Da sempre la grandezza di Roma si fondò sulla collaborazione tra romani e “barbari”, Roma è diventata immensa su questo presupposto di solidarietà reciproca religiosa, politica e militare.
Del resto chiunque è barbaro per qualcun altro.
Roma è un ideale universale di unità, è l’ala protettrice sotto cui chiunque possa dire senza paura
<io venero liberamente i miei Déi, e onoro gli ideali universali della romanità>.
Pubblicato il 20 novembre 2014 sulla rivista Athame in risposta ad un loro articolo sul Culto Romano
http://www.athame.it/nuova-segnaletica-per-la-via-romana-agli-dei-2/
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